Dona Flor e i suoi due mariti

Ti chiami Flor e ti sei sposata con Vadiño, un dongiovanni dedito al gioco. Ne hai pagato le conseguenze in termini di denaro e sofferenza interiore; lo detesti, eppure non puoi farne a meno quando lui torna a casa. Il suo stile di vita godereccio lo ammazza quand’è ancora giovane e tutti ti dicono che per te, mite e onesta donna, la fine prematura di un matrimonio male assortito è una benedizione.

Ti chiami Flor e ti sei sposata con Vadiño, un dongiovanni dedito al gioco. Ne hai pagato le conseguenze in termini di denaro e sofferenza interiore; lo detesti, eppure non puoi farne a meno quando lui torna a casa. Il suo stile di vita godereccio lo ammazza quand’è ancora giovane e tutti ti dicono che per te, mite e onesta donna, la fine prematura di un matrimonio male assortito è una benedizione.

Tu continui a pensare che il morto si sia portato il tuo cuore con sé nella bara. Dopo il lutto ti risposi con Teodoro, farmacista morigerato e ligio al dovere che ti ama di un amore pieno di rispetto. Tutte le comari ti dicono: Flor, è quello che ti meritavi e devi essere felice.

E se Flor non lo fosse davvero? E se quello che mancasse alla nostra protagonista fosse un po’ di passione tra le lenzuola? E se la nostalgia di Vadiño fosse così forte da richiamarlo da oltre i confini della morte al solo scopo di amarla?

Questo è il grande romanzo Doña Flor e i suoi due mariti di Jorge Amado. La trama da sola è un esempio di quanto, alle volte, idee tanto semplici possano rivelarsi vincenti e geniali. Ciò che la tiene davvero in quota dall’inizio alla fine è il conflitto interiore di Flor. Fuggire con quel mascalzone di Vadiño a scapito della reputazione? Rimanergli sposata anche quando lui le ruba i soldi per giocarseli? Anche quando la picchia pur di prendere il denaro? Anche quando la tradisce con altre donne?

C’è da dire che il mascalzone, oltre a essere attraente, ha anche dei lati positivi: una di quelle persone che sarebbe capace di regalare tutti i soldi di una rara vincita al gioco a un amico in difficoltà. Oltre alle comari di Flor, presso cui Vadiño non gode di gran reputazione, c’è chi, nel quartiere, se lo ricorda con affetto per la generosità e anche per la sua costante allegria e gioia di vivere. E poi parliamone, Vadiño sarà malato di gioco ma è anche adorabile, di un eloquio tra il faceto e il tentatore.

Quando conosci Flor e Vadiño ti innamori di entrambi, per motivi diversi. Ti innamori della modestia, della timidezza e della bontà di lei; del modo di fare di lui, bonariamente malizioso e sfacciato. È questo il colpo da maestro di Amado: come lettore ti trovi a tifare per entrambi i personaggi e per motivi opposti, e questo crea in te lo stesso conflitto interiore di Flor. Vorresti che si sposassero per essere felici pur sapendo che non saranno mai felici insieme. Più tardi, vorresti per il bene di Flor che lei potesse lasciarlo, o vorresti che lui cambiasse per renderle la vita più facile, pur sapendo che nessuna delle due alternative è possibile. Quando Vadiño muore ti dici che finalmente Flor vivrà più tranquilla, ma il dolore che lei prova ti fa desiderare che siano ancora insieme.

E che dire dell’ultima parte del libro, quando il bellissimo Vadiño torna da lei, in forma di nudo fantasma, e le dice che è per restare? Vadiño usa tutte le armi della retorica pur di rimanere con lei, in fondo è suo marito e lei non sta tradendo nessuno, men che meno il “collega” marito che dopotutto è arrivato per ultimo. Riuscirà Flor a non cedere alle sue avances?

L’autore la arricchisce la storia con un affresco della vita nei quartieri popolari, nello specifico baiani, dei primi anni Sessanta. Con comicità sfrenata, non senza una certa nostalgia nella prosa opulenta, Amado ci dà conto di una società in cui la bigotteria va a braccetto con superstizioni e macumbeiros, le tradizioni sono rigidamente rispettate pena la reputazione e allo stesso tempo è difficilissimo impedirsi strade che la morale detterebbe come inaccettabili.

Nonostante sia un romanzo coi suoi anni, nonostante lo stile alle volte un po’ esagerato, ho gustato questo romanzo per i personaggi e per la capacità che Amado ha di suscitare emozioni. Quando Flor soffre, soffriamo anche noi lettori. Quando Flor prega che Vadiño possa tornare noi preghiamo con lei anche se sappiamo che dalla morte non si ritorna. Quando lui e i suoi piccoli dispettucci ritornano, seppure in forma di fantasma, noi siamo felici per Flor anche più di lei stessa, che non sa lasciarsi andare.

Il romanzo, per quanto dal tono scherzoso e alle volte birbone, drammatizza domande che nel profondo tutti noi ci poniamo ogni tanto: dove andiamo dopo la morte? Che ne è dell’amore dopo la morte? Quanto tempo ci vuole a imparare a convivere con la memoria di chi non c’è più?

In rari romanzi ho trovato questo mix a cinque stelle tra interrogativi così metafisici ed elementi comici, uno su tutti le palpatine che Vadiño il fantasma riserva alle allieve della scuola di cucina di Flor. È un romanzo che meriterrebbe di essere letto anche solo per questo.

Un unico avvertimento che mi sento di dare al lettore è di avere pazienza, in certi punti, dove Amado si dilunga a descrivere l’ambiente sociale e culturale in cui vive Flor; i personaggi minori si moltiplicano, così come gli aneddoti collaterali che poco servono al progredire della trama. In questi punti si percepisce la distanza culturale e anche temporale del testo rispetto a noi lettori ed è probabilmente l’unica pecca in un romanzo che altrimenti è una perla rara.


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